03-03-2016
Erano stati usati come scudi umani negli scontri tra Isis e truppe libiche
Ci sono drammi e drammi. Alcuni creano immediatamente grande clamore mediatico, altri si consumano silenziosamente ottenendo qualche parola solo quando non c’è più nulla da fare perché la tragedia si è ormai consumata. Solo allora se ne parla riprendendo come se nulla fosse un discorso mai iniziato, un discorso che per lungo tempo solo pochi interessati hanno cercato di tenere vivo. Così oggi l’Italia sa di punto in bianco che due connazionali, rapiti otto mesi fa in Libia, sono rimasti vittime della follia terroristica. La notizia viene dal Ministero degli Esteri che ha rilasciato un comunicato in cui si afferma che "relativamente alla diffusione di alcune immagini di vittime di sparatoria nella regione di Sabrata in Libia, apparentemente riconducibili a occidentali e in assenza della disponibilità dei corpi, potrebbe trattarsi di due dei quattro italiani, dipendenti della società di costruzioni Bonatti, rapiti nel luglio 2015 e precisamente di Fausto Piano e Salvatore Failla”.
Il fatto è accaduto nei pressi della città di Surnam dove, secondo un testimone libico rientrato a Tunisi, ci sarebbero stati scontri fra miliziani dell’Isis e forze libiche, nel corso dei quali i due connazionali sarebbero stati usati come scudi umani. Sono otto le vittime jihdaiste, in gran parte tunisini, rimaste sul campo. Il Copasir ha convocato d’urgenza l'Autorità delegata, senatore Marco Minniti, mentre la Farnesina ha fatto sapere di aver già informato le famiglie delle due vittime. Angoscia si respira nella sede di Parma della Bonatti, una multinazionale con 6mila dipendenti sparsi in 16 Paesi, tra cui Messico Nord Africa Arabia Kazakhstan, dove le uniche notizie sono quelle pervenute dagli organi di informazione. Si attende in giornata una dichiarazione ufficiale dell’azienda. Piano e Failla erano stati sequestrati insieme ad altri due connazionali a 60 chilometri a ovest di Tripoli, nei pressi della "Mellitah Oil & Gas".
Fausto Piano, 60 anni, nativo di Capoterra (Cagliari), era arrivato in Libia solo una settimana prima del sequestro. Sposato con tre figli, prima di entrare nella Bonatti gestiva una officina meccanica. Salvatore Failla, 47enne, originario di Carlentini, in provincia di Siracusa, sposato con due figli, lavorava come saldatore specializzato ed aveva avuto esperienze anche in Tunisia. Restano nelle mani dei ribelli Filippo Calcagno, 65 anni, originario di Piazza Armerina (Enna), sposato con due figlie e Gino Pollicardo, originario di Monterosso, nelle Cinque Terre, in provincia di La Spezia. A nulla è valsa per la sorte delle due vittime la mobilitazione di migliaia di italiani che avevano creato anche una pagina su Facebook "Per la libertà di Gino, Filippo, Salvo e Fausto", usata per promuovere continui appelli alle istituzioni e per dare voce a un dramma che è passato troppo silenziosamente.
TAG: libia, libia italiani uccisi, fausto piano, salvatore failla, filippo calcagno, gino pollicardo
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