23-05-2016
Era il 23 maggio del 1992: il giudice siciliano veniva ucciso dalla mafia con mille kg di tritolo
Ci sono uomini che sono la Storia. Era il 23 maggio del 1992. Sull'autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci, nel territorio comunale di Isola delle Femmine, a pochi chilometri da Palermo, il giudice siciliano Giovanni Falcone, di rientro da Roma, veniva ucciso dalla mafia con mille kg di tritolo insieme alla moglie Francesca Morvillo e ai tre uomini della scorta: Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo. Quattro i sopravvissuti: gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo e Gaspare Cervello e l'autista giudiziario Giuseppe Costanza. È il giorno della strage di Capaci.
Durante il suo operato Falcone aprì un vero e proprio vaso di Pandora. Membro del famoso “pool antimafia” ideato dal giudice Rocco Chinnici (assassinato nel 1983), una squadra di magistrati alla quale si unì anche Paolo Borsellino, Falcone fu uno degli uomini in prima linea nella lotta contro la mafia. Nelle sue indagini il magistrato raccolse importanti testimonianze (grazie soprattutto alle deposizioni del pentito mafioso Tommaso Buscetta) sull’organizzazione e sui componenti della “cupola”, ovvero i vertici di Cosa nostra; dove figuravano i nomi di pericolosi boss mafiosi come Totò Riina e Bernardo Provenzano. Ma in realtà i nemici di Falcone non dimoravano soltanto dentro le cosche. Erano forse soprattutto tra i suoi colleghi, a Palermo e a Roma.
In un certo senso l'omicidio di Falcone rappresenta uno dei grandi misteri della storia italiana, analogo al rapimento Moro, confluito nel grande e grosso buco nero in cui sembrano convogliare tutte le verità nascoste di questo paese. Ricordiamo che qualche mese dopo la strage di Capaci, il 19 luglio a Palermo, in via D’Amelio, un’autobomba uccise il magistrato Borsellino e i cinque agenti di scorta. Insomma, la parola fine sulla strage di Capaci non è mai arrivata, anche se nel 2008 la Cassazione confermò tutte le condanne per i boss che, insieme a Totò Riina, avevano ordinato le due stragi. Delle dodici condanne, dieci ergastoli: Salvatore Montalto, Giuseppe Farinella, Salvatore Buscemi, Giuseppe Madonia, Giuseppe Montalto, Carlo Greco, Pietro Aglieri, Benedetto Santapaola, Mariano Agate e Benedetto Spera.
In fondo, quel pomeriggio a Capaci, Giovanni Falcone beffò i suoi nemici, la mafia che gli tolse la vita, lasciando quel messaggio che ancora oggi sopravvive e che sancisce la sua vittoria, quella delle idee. «Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini».
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