16-08-2016
Il dibattito sul referendum di ottobre sta oscurando il vero problema del paese: l'Italia non cresce
Il paese non riparte: parafrasando uno slogan del Partito democratico, questa è la situazione italiana certificata dall’Istat nel secondo trimestre del 2016, che segnano crescita pari a zero. Un risultato deludente e preoccupante per un paese che continua a indebitarsi e che vede quindi aumentare il rapporto debito/Pil gravando sempre più la spesa pubblica di interessi. E soprattutto è la dimostrazione ulteriore che la spesa in deficit, da Renzi aumentata nell’ultimo anno, non produce alcun effetto reale, soprattutto se è frutto di più spesa e non di meno tasse.
Il governo Renzi ha vissuto molti momenti di crisi mentre varava riforme molto contestate come il Jobs Act, la Buona scuola e ora la riforma della Pa, ma pochi si sono alzati per contestare la sua politica economica catastrofica che non sta portando da nessun’altra parte se non la stessa verso cui viaggiavamo sotto Prodi, Berlusconi e Monti. Ancora soluzioni basate su più spesa, più debito e più tasse quando invece il trend andrebbe assolutamente capovolto, e ripartire da un serio piano di taglio alla spesa pubblica anche in settori delicati come i 100 miliardi annui di sussidio all’Inps per pagare pensioni esagerate. Poi servirebbe un serio piano di riduzione della pressione fiscale, da operare subito su lavoro e impresa per poi arrivare anche a ridurre una pressione fiscale sugli immobili che è arrivata a livelli record in pochi anni, dal 2011 ad oggi. E finalmente raggiungere quel pareggio di bilancio che consentirebbe un rientro dal debito tramite un piano di dismissione di patrimonio pubblico, immobiliare e non, che avrebbe effetto nullo se i governi continueranno a indebitarsi.
La politica economica di Renzi e Padoan non ha inciso se non negativamente sul reddito della popolazione e sull’attrattività del paese per le grandi multinazionali che non investono in Italia, continuando sulla strada tracciata da Tremonti e che il premier sta serenamente portando avanti senza rendersi conto che, se nel 2011 stavamo per fare la fine della Grecia, è stata colpa proprio di quelle politiche.
Oggi le opposizioni continuano ad attaccare Renzi accusandolo di golpismo sulla riforma costituzionale, ignorando totalmente quale siano invece i problemi veri del paese, non certo due senatori in più o in meno. E purtroppo l’informazione non sprona né gli uni né gli altri a concentrarsi su quello che serve veramente e non sulle querelle partitiche. Chi pagherà il conto non c’è bisogno di dirlo.
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