19-05-2018
Prevista l'apertura ad altre “realtà associative” dello stabile in via della Lungara
Roma. Approvata il 17 maggio, con 27 voti favorevoli e due contrari, la mozione sulla Casa Internazionale delle Donne. «Basta all'inerzia, alla negligenza e all'incuria perché il debito più grande verso la città è stato maturato da chi, in questi decenni, la città ha governato» ha sostenuto davanti alle attiviste la consigliera pentastellata e promotrice della mozione Gemma Guerrini. Fuori dal Campidoglio, nel giorno della votazione, si è riunito un gruppo di attiviste per sostenere la propria posizione, tanto da causare la sospensione della seduta a seguito della votazione.
«Chiediamo di valutare la creazione all'interno del complesso del Buon Pastore di un centro di coordinamento gestito da Roma Capitale dei servizi per il sociale e pari opportunità diffusi, e a prevedere il coinvolgimento delle realtà associative mediante appositi bandi»: queste le ragioni espresse da Guerrini nel giorno della votazione tanto attesa. Tante le polemiche e le accuse che si sono alzate contro l'amministrazione di Virginia Raggi: «L'attacco ai luoghi delle donne da parte di questa amministrazione è intollerabile e pericoloso» fanno sapere le dirette interessate della Casa Internazionale delle Donne. L'iniziativa è stata letta dai membri dell'associazione come un vero e proprio attacco politico, come una negazione dell'importanza culturale e del peso politico del femminismo nella Capitale.
Il punto che ha suscitato maggiori critiche è il “riallineamento alle moderne esigenze dell'amministrazione capitolina e della cittadinanza” del progetto Casa Internazionale delle Donne, attraverso un'apertura ad altre realtà associative. Il testo votato nell'aula Giulio Cesare il 17 maggio non prevede direttamente lo sfratto dallo stabile del Buon Pastore, ma ne mina l'autonomia con l'istituzione di un centro di coordinamento gestito direttamente da Roma Capitale. Vi è però un debito di 800mila euro per l'uso del complesso di via della Lungara che rischia di determinare la chiusura della Casa delle Donne se non risanato in tempo. La presidente Francesca Kosh fa sapere ai giornali che il debito sarebbe da ricalcolare, e dichiara di aver proposto una rateizzazione dello stesso all'amministrazione capitolina, senza tuttavia ottenere risposta. Dall'altra parte, la consigliera Guerrini incalza le attiviste presentatesi al Campidoglio accusandole di «avere paura della verità».
di Eleonora Savona
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