18-02-2016
Il 18 febbraio 1940 nasceva 'Faber'
«E come tutte le più belle cose vivesti solo un giorno come le rose». Recita così l’ultima strofa della Canzone di Marinella, di Fabrizio de André in cui si potrebbe racchiudere la vita stessa del cantautore morto a soli 59 anni dopo aver segnato in modo indelebile la storia della musica italiana. Per questo, proprio oggi, 18 febbraio, nel giorno del suo compleanno, è impossibile non rivolgere un pensiero a quella vita che diventò tutt’uno con la musica: «È bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra» canta De André in Amico fragile.
Le sue canzoni, poesie. Versi in musica di un’attualità disarmante. Non solo in italiano ma anche in genovese, gallurese e napoletano. Tra note e parole, tutti i colori della vita. Non a caso a Paolo Villaggio, amico d’infanzia, piaceva chiamarlo «Faber». Perché De André amava colorare con i pastelli della Faber-Castell. E quelle sfumature della realtà, che coglieva sui fogli bianchi, le traduceva anche nella sua musica. Emarginati, prostitute, ribelli, matti, vigliacchi, gli ultimi degli ultimi i protagonisti, uomini con le loro debolezze per i quali è valido il motto incastonato ne Il Giudice: «è triste trovarsi adulti senza essere cresciuti». Vero motore di questa vita fatta «di gente d'ogni sorta di poveri straccioni e di grandi signori» è l’amore in tutte le sue forme: da quello che «strappa i capelli», a quello che, appassito, si riduce a «qualche svogliata carezza» e a «un po' di tenerezza» come ascoltiamo nella Canzone dell’amore perduto. Ma anche quell’amore «che si fa per noia o per professione». Bocca di rosa docet. O ancora quell’amore che ha solo l’amore come argomento (Dolcenera) e quell’amore che, se gettato, costruisce un vuoto nell’anima e nel cuore (Tutti morimmo a stento).
Poi la libertà, un privilegio sempre più fragile: «l'ho vista dormire nei campi coltivati a cielo e denaro, a cielo ed amore, protetta da un filo spinato» sentiamo nel Suonatore Jones. E ancora la sofferenza e la speranza di ricominciare. «Passerà anche questa stazione senza far male passerà questa pioggia sottile come passa il dolore» canta De André in Hotel Supramonte, consapevole che, come sottolinea in Via del Campo, prima o poi, «dal letame nascono i fiori».
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