Gli esiti delle primarie nei vari stati americani avevano lasciato spazio a pochi dubbi. La marcia trionfale di Donald Trump, scandita da scandali e critiche, si appresta a raggiungere l’epilogo, consacrando il magnante newyorkese protagonista assoluto. Trump ha raggiunto il numero di delegati necessari per l’ottenimento della nomination repubblicana nella corsa alla Casa Bianca, sbaragliando gli avversari, dai più moderati (Kasich) a quelli più vicini all’establishment (Rubio), passando per quelli più a destra (Cruz). Ciò che non sorprende è che ce la fa per un soffio, poiché per l’ottenimento della nomination necessitano 1237 delegati. Trump ne ha 1238 ma il numero è destinato a salire nel corso delle prossime primarie, in programma in cinque stati (California, Montana, New Jersey, New Mexico e Sud Dakota) il prossimo 7 giugno. 

Questa prima vittoria, Trump la deve ai delegati “unpledged” (coloro che hanno scelto di sostenerlo, svincolati dai risultati delle primarie). Ma ora le preoccupazioni, già ai limiti dell’apocalittico, crescono. I sondaggi lo danno per vincitore anche rispetto a colei che, con molta probabilità, sarà la contendente ufficiale, Hillary Clinton. Il candidato repubblicano non convince i vertici del partito, Barack Obama lo definisce “ignorante e sprezzante”, il Telegraph lo accusa di un’evasione Fiscale  da 50 milioni in Gran Bretagna e il mondo lo deride. Ma Trump, noncurante delle critiche, prosegue e festeggia incoraggiato dal figlio Donald Trump Junior che twitta: “È Ora di vincere le elezioni generali”.