29-01-2018
L’ennesimo caso di censura da parte del social network
Facebook censura le foto dell’Olocausto per le immagini di nudo dei deportati. È la Giornata della Memoria quando un utente del noto social network riceve una notifica di cancellazione di un post che propone un video sugli orrori del campo di sterminio nazista di Auschwitz. Sullo sfondo le note dell’omonima canzone di Guccini. Nel messaggio di segnalazione del social si legge: «Questo post è stato rimosso perché viola gli standard della nostra community sulle immagini di nudo» e per il momento il social ha risposto con un «no comment» alla richiesta di spiegazioni. L’utente ha poi ripubblicato il post: «Facebook mi ha cancellato questo post. Gli algoritmi non hanno apprezzato. Io lo ripubblico. Condividetelo».
Le immagini della Shoah, che sono quelle che da anni fanno il giro del mondo, illustrano le atrocità dell’Olocausto proponendo i nudi di adulti e bambini, con i loro corpi consumati dagli stenti e dalla fame. «Ma cancellarli — commenta l’utente censurato — significa non consentire di denunciare e, appunto, ricordare, quanto accaduto nei campi di sterminio nazisti. Fotografie che da decenni fanno il giro del mondo e custodiscono il ricordo». Facebook ha poi ripristinato il post, spiegando di averlo «accidentalmente rimosso». Questo il messaggio comparso sulla pagina dell’utente che aveva subito la cancellazione da parte del social: «Si è trattato di un errore e ce ne scusiamo sentitamente». Nel commento si legge: «Un membro del nostro team ha accidentalmente rimosso un contenuto che hai pubblicato su Facebook. Abbiamo ripristinato il contenuto che adesso dovrebbe essere visibile».
Non è la prima volta che il noto social network applica la censura. Un altro caso nacque nel 2011 quando un professore parigino condivise sulla propria pagina Facebook un link che mostrava l’opera di Gustave Courbet «L’origine del mondo». Il profilo del professore fu subito bloccato dal social, tacciando l’uomo di aver pubblicato immagini pornografiche. Rivoltosi prima ai gestori di Facebook, non ricevendo risposta passò alle vie legali rivolgendosi a un tribunale per violazione della libertà di espressione.
Nel settembre 2016 invece il social network fu costretto a ripristinare la foto, prima cancellata, della bambina vietnamita nuda, in fuga e bruciata dal napal dopo un bombardamento sul suo villaggio nel 1972. Un’immagine che contribuì ad accelerare il ritiro dei militari americani in Vietnam. In quel caso a innescare la vicenda, che in poche ore si trasformò in uno scontro diplomatico tra la Norvegia e il colosso statunitense di Facebook, fu lo scrittore norvegese Tom Egeland, che aveva pubblicato sul proprio profilo la foto vincitrice all’epoca del premio Pulitzer. Lo scrittore si vide prima annullare l’immagine e successivamente sospendere dal social.
di Andrea della Ventura
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