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Nautica

Pirati: sangue e crimine sul mare, è emergenza | Non c’è solo Jack Sparrow

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Claudio Rossi

Esistono ancora i pirati? La risposta è sì. E i loro affari illeciti costano milioni di dollari o di euro alla comunità internazionale

Chi l’avrebbe mai detto che, nel 2023 si possa ancora parlare di pirati? Pensare ai pirati ci rimanda a storie mitiche, spesso raccontate in maniera romanzata e avvincente. Bucanieri alcolizzati con una benda sull’occhio, assalti ai galeoni alla ricerca di forzieri pieni di oro. Abbiamo tutti negli occhi la celeberrima saga “Pirati dei Caraibi”, con Johnny Depp/Jack Sparrow a comandare una ciurma agguerrita quanto sgangherata. Eppure, la pirateria è un fenomeno tutt’altro che scomparso. E, soprattutto, non ha nulla di romantico.

Il classico simbolo dei pirati (web source)

I crimini del mare

A pensarci bene, chi può dire che il mare non sia uno scenario dove si consumano alcuni tra i crimini e i delitti più gravi? Il traffico di droga, tanto per cominciare. Le organizzazioni criminali – soprattutto le mafie italiane – smerciano tonnellate e tonnellate di sostanze stupefacenti. Dalla cocaina all’eroina, passando per la marijuana. La merce viaggia nei container, spesso nascosta tra la frutta, per poi arrivare nei porti dell’Europa: da Gioia Tauro a Livorno, ma anche Rotterdam e Anversa. Stesso tragitto che fanno, spessissimo, le merci contraffatte. E, ovviamente, le armi, che assai spesso, poi, prendono la rotta balcanica.

Come non menzionare, poi, l’emergenza degli anni 2000: l’immigrazione incontrollata, che arricchisce organizzazioni criminali, rappresentate a bordo dagli scafisti. L’opera dei trafficanti di uomini, che sfruttano la disperazione dei migranti che scappano dalla povertà e dalla guerra, chiedendo somme enormi per viaggi della speranza che, spesso, si trasformano in stragi.

L’emergenza immigrazione (Ansa)

Il Mediterraneo è, purtroppo, un grande cimitero. Di uomini e di navi. Perché non si è mai fermato il fenomeno del traffico di rifiuti, talvolta anche tossici, con “carrette del mare” che effettuano rotte verso luoghi incontrollati e che, in maniera piuttosto sospetta, colano a picco con il loro carico di morte.

Ancora, la pesca illegale causa perdite economiche stimate tra i 10 ei 25 miliardi di dollari all’anno. Il fenomeno è anche collegato a violazioni dei diritti umani, come il lavoro forzato e il traffico di esseri umani.

La pirateria

Ma, accanto a queste tristi vicende, non si può sottovalutare il fenomeno della pirateria, che ancora affligge i mari di tutto il mondo. Insomma, se la domanda è: esistono ancora i pirati? La risposta è sì. E non c’è niente di romantico, nessuna Mompracem, nessuna Isola Tortuga. Solo violenza, crimini e giri di denaro enormi. Per pirateria si intende un’attività criminale finalizzata ad assaltare e depredare le navi in mare aperto o in prossimità delle coste.

Niente a che vedere con le storie ambientate nel mar dei Caraibi, dove, sotto il Jolly Roger – il nero vessillo con il teschio e le due tibie – si muovevano quei personaggi mitici che assaltavano le navi europee come una specie di Robin Hood dei mari. Oggi lo scopo dell’abbordaggio dei moderni pirati, più che la razzia della nave, è invece il sequestro a scopo di estorsione.

Il ritorno dei pirati (Ansa)

I predoni rapiscono membri degli equipaggi mercantili, li rendono prigionieri e li liberano solo dopo che l’armatore o i familiari delle vittime hanno pagato un sostanzioso riscatto. Ovviamente è tutto adeguato ai tempi che viviamo e, quindi, queste cifre spesso sono erogate su conti cifrati o localizzati in paradisi fiscali.

Le modalità con cui si nascondono i crimini

Gli atti criminali hanno una sorta di cliché. L’elemento caratteristico è lo spegnimento del transponder. I transponder sono installati sia sulle navi di tipo militare che su quelle per uso civile o mercantile, per identificare i natanti e rendere le imbarcazioni visibili ai fini del traffico marittimo. La maggior parte dei transponder sono in grado di trasmettere informazioni sulla posizione, sul tipo di viaggio, sulla profondità delle acque solcate. Usano un codice a quattro cifre noto come transponder code o “squawk code”, e serve ai controllori del traffico marittimo a far rispettare le distanze di sicurezza e le rotte precedentemente concordate.

La lotta alla pirateria (pontilenews.it)

Lo spegnimento e la riaccensione, dopo diverso tempo, del dispositivo, indica che qualcosa sta accadendo a bordo di una nave. Migliori informazioni sulla frequenza con cui le barche si oscurano in mare potrebbero aiutare i governi a capire dove e quando potrebbero aver luogo le attività illecite.

Una nave che disabilita il suo transponder scompare dalla vista di chiunque stia guardando, comprese autorità, scienziati e altre navi. Proprio come i ladri possono disattivare il rilevamento della posizione del telefono, le navi possono disattivare i loro transponder, nascondendo efficacemente le loro attività alla supervisione.

Perché si spegne il transponder?

La disattivazione del transponder è anche fortemente correlata con eventi di trasbordo: scambio di catture e di prigionieri, rifornimenti tra pescherecci e navi da carico. Non è insolito vedere i pescherecci disabilitare i loro transponder nelle vicinanze di altri natanti. Il che suggerisce che vogliono nascondere questi trasferimenti alla supervisione. Mentre il trasferimento di persone o merci può essere legale, quando è scarsamente monitorato può diventare un mezzo utile per i trafficanti di uomini o per riciclare il pescato illegale. È stato collegato al lavoro forzato e alla tratta di esseri umani.

Rendere illegale per le navi disabilitare i transponder potrebbe sembrare una soluzione ovvia a questo problema. Ma proprio come le persone possono avere ragioni legittime per non volere che il governo controlli i loro telefoni, i pescherecci possono avere ragioni legittime per non volere che i loro movimenti vengano monitorati.

Gli attacchi dei pirati (pontilenews.it)

Molte navi disabilitano i loro transponder in zone di pesca di alta qualità per nascondere le loro attività ai concorrenti. Sebbene l’oceano sia enorme, alcune specie e metodi di pesca sono altamente concentrati. Ad esempio, i pescherecci a strascico pescano trascinando le reti lungo il fondale marino e possono operare solo sulle piattaforme continentali dove il fondale è sufficientemente basso da consentire il raggiungimento dei loro attrezzi.

In mare, i dati in tempo reale su dove le navi disabilitano i loro transponder cambiano la loro posizione apparente utilizzando false coordinate GPS potrebbero essere utilizzati per concentrare le pattuglie su attività illegali vicino ai confini politici o nei punti caldi del trasbordo.

Numeri e luoghi della pirateria

Credere che i pirati siano dei “semplici” ladri, magari nati in zone degradate, o rapitori che tentano di pescare il jolly con una mossa ardita, è sbagliato. Nel Golfo di Aden, una zona molto calda, passa per esempio il 15% dei carichi mondiali e il 30% del petrolio, numeri antecedenti alla pandemia e alla guerra in Ucraina.

Dati di qualche anno fa ci dicono che le incursioni dei pirati, costano alla comunità internazionale dai 7 ai 12 miliardi di dollari l’anno. Solo il costo pagato per il riscatto dei prigionieri, è arrivato a toccare, negli scorsi anni, cifre che si aggirano attorno ai 120/150 milioni di dollari.

Le navi a transponder spento (web source)

Dal 2008 l’Unione Europea ha messo in atto l’operazione Atalanta, come risposta ai crescenti livelli di pirateria nell’Oceano Indiano occidentale. Secondo i dati, più di 2.000 navi hanno avuto protezione, assicurando la consegna di oltre tre milioni di tonnellate di cibo e aiuti. Un totale di 171 pirati sono stati trasferiti alle Autorità locali mentre sono stati sequestrati 12.720 chili di stupefacenti.

Il terrore dei mari

Ovviamente, più sono incontrollati mari e oceani, più questi diventano luoghi congeniali per i criminali del mare. Per questo, tra le zone maggiormente battute dai pirati degli anni 2000, sono quelle del Corno d’Africa. Il Golfo di Guinea, soprattutto. Ma anche la Somalia, da sempre sospettata di essere un luogo dove, in passato, siano stati smaltiti illecitamente rifiuti nucleari. Ma da non sottovalutare anche le acque al largo di Indonesia e Filippine. E poi, il mar Rosso, particolarmente battuto dai corsari moderni, soprattutto nel 2021.

L’UE e la missione contro i pirati (Ansa)

Secondo gli ultimi rapporti, i moderni pirati godono di una fitta rete di protezione, alimentata anche dalla corruzione dei funzionari pubblici, talvolta anche delle forze dell’ordine. Solo i rapimenti nel Golfo di Guinea, per dare qualche cifra, recentemente hanno fruttato circa 3 milioni di euro. Lotte tra bande, che non sono solo lotte tra predoni, ma tra veri e propri gruppi di potere.

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