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Megayacht: le sanzioni all’oligarca costano carissime all’Italia | Una vicenda assurda

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Pamela Petrini

Conti e beni congelati agli oligarchi, una delle strategie adottate per ostacolare la Russia nel conflitto con l’Ucraina. Ma è davvero stata una buona idea?

A quasi un anno dall’inizio del conflitto che ha visto la Russia invadere il territorio Ucraino per rivendicarne una parte, apparentemente filorussa, nulla sembra cambiato. Quella che in molti pensavamo e speravamo sarebbe stata una guerra breve e che si sarebbe risolta con la diplomazia si è invece trasformata in una lunga e sempre più aspra offensiva militare. Già dall’inizio si sono visti gli altri paesi nel mondo schierarsi contro o a favore di una delle due parti. L’UE si è palesata immediatamente a sostegno dell’Ucraina.

La Dea Bendata, simbolo di imparzialità che non guarda in faccia nessuno. È giusto quello che sta accadendo? – Foto da Pexels di Pavel Danilyuk

Non potendo e non volendo attivamente partecipare al conflitto a fuoco, la NATO ha fornito supporto militare procurando armi e munizioni per consentire al paese di difendersi al meglio. Oltre al rifornimento di armi, l’accoglienza dei rifugiati, l’occidente ha risposto con delle sanzioni economiche che hanno, almeno all’inizio, dato un duro colpo al mercato finanziario russo. Inoltre, con lo scopo di prevenire finanziamenti alla guerra, l’UE ha dato via al congelamento dei beni degli oligarchi russi. Ma è davvero stata una buona idea?

Il congelamento dei beni agli oligarchi, una mossa che costa cara, il prezzo da pagare è circa 700 mila euro al mese

È recente la notizia che riguarda il congelamento di un megayacht, il Sailing Yacht A, fermo a Trieste, e che vedrebbe in contrasto l’Italia con due misteriosi avvocati, il cui cliente sarebbe anonimo. Al centro della battaglia legale, ci sarebbe la richiesta di dissequestro da parte degli avvocati, che asserirebbero che l’imbarcazione non appartenga più all’oligarca Andrej Melnichenko. Secondo la Guardia di Finanza, non ci sarebbero invece dubbi in merito.

Un’immagine del megayacht Sailing Yacht A, appartenente all’oligarca russo Andrej Melnichenko – Foto da Instagram Sailing Yacht A

Il Sailing Yacht A, è considerata la barca a vela più grande del mondo, di un valore davvero enorme, si parla di 450 milioni di euro circa, tre alberi, ben 12.600 tonnellate di stazza, 25 metri di larghezza e 143 metri di lunghezza. Uno yacht davvero particolare, con dei costi di mantenimento importanti, che solo uno come Andrej Melnichenko potrebbe permettersi. Basti sapere che Melnichenko, secondo Forbes, la famosa rivista statunitense di economia, sarebbe titolare di un patrimonio stimato, legato per lo più a fertilizzanti e carbone, di circa 27,5 miliardi di dollari. Possiamo quindi permetterci di sostenere i costi di mantenimento di questo yacht?

Il mantenimento del Sailing Yacht A, possiamo permettercelo?

Uno yacht del genere, richiede un mantenimento particolare. Per mesi a quanto pare, sono stati necessari a bordo all’incirca venti uomini, ed oltre a questo, spese per tenere attivo un gruppo elettrogeno di particolare fattura. Ci sono anche le spese di vigilanza e di stallo, tutto ovviamente, pagato dallo Stato Italiano. Secondo alcuni esperti, la stima dei costi di cui sopra, si aggirerebbe intorno ai 750-800 mila euro al mese, per un totale di circa 7 milioni di euro ad oggi. Il sindaco di Trieste, Roberto di Piazza, si sarebbe espresso preoccupato per una tale spesa di denaro pubblico.

Il Sailing Yacht A a vele spiegate, l’imbarcazione è al centro di una costosa polemica – Foto da Instagram Sailing Yacht A

Una preoccupazione potrebbe derivare anche dall’eventuale esito della battaglia legale. Laddove l’attuale proprietario del costosissimo bene, scegliesse di rinunciarvi, a chi spetterebbe quindi il continuo mantenimento? E se non si trovasse un altro proprietario?

I quesiti sono tanti si, così come le spese. Ma le vere domande sarebbero altre. Ancora guerre nel 2022? La storia non ci ha davvero insegnato nulla dopo secoli e milioni e milioni di giovani vite perdute? A quanto pare no. Ed è per questo che ci rammarichiamo ancor più che per le spese. Spese che forse, se aiutano, anche solo indirettamente, e di poco, a frenare qualcosa di così orribile come una guerra, valgon la pena di esser sostenute.

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