L’eroe dello Scudetto del Milan, conquistato nella stagione 1998-99, ha svelato tutti i dettagli dell’incidente capitatogli qualche mese fa
Il Milan, dopo aver perso in semifinale di Champions contro l’Inter, nelle ultime giornate di campionato proverà in tutti i modi a difendere quanto meno il quarto posto che permetterebbe ai rossoneri di qualificarsi alla prossima edizione del torneo.
L’ambiente rossonero, negli ultimi tempi, per forza di cose è stato in pensiero per via delle condizioni di un ex protagonista dello scudetto conquistato nella stagione 1998-99.
Stiamo facendo riferimento ad Alberto Zaccheroni, ossia l’allenatore che guidò i rossoneri alla conquista dello scudetto sopracitato. Il classe ’53, qualche mese fa, è stato vittima di un brutto incidente capitatogli nelle mura domestiche che lo ha portato addirittura al coma.
Zaccheroni, che in carriera ha allenato tra le altre Bologna, Cosenza, Udinese, Lazio, Inter, Juve, Torino e le nazionali del Giappone e degli Emirati Arabi, ha vinto proprio l’unico campionato di Serie A alla guida del Milan.
I tifosi lo ricordano con affetto e le sue condizioni hanno preoccupato tutto il mondo del calcio e non solo. Ai microfoni del Corriere della Sera, il tecnico di Meldola in merito all’incidente ha raccontato: “Mi ha trovato mia moglie Fulvia accasciato a terra, in fondo alle scale. Dice che ero in un lago di sangue, con la testa aperta e un occhio fuori dall’orbita. Sono vivo per miracolo, ma del mese in terapia intensiva non ricordo nulla”.
Zaccheroni ha poi aggiunto: “Io so solo quello che mi ha raccontato mia moglie che era con me a casa a Cesenatico. Lei si trovava giù al piano terra, io stavo scendendo le scale e sono scivolato. Sono ruzzolato per circa 10 gradini. Lei è accorsa perché ha sentito le mie grida. Avevo battuto la testa, può immaginare la sua paura”.
L’ex allenatore del Milan ha anche descritto le prime sensazioni percepite subito dopo il risveglio dal coma: “Nella stanza c’era solo il personale medico, non era stato fatto entrare nessun familiare. Mi siedo e mi guardo le gambe: dopo un mese steso a letto, sembravano quelle di un anziano. Ho chiesto, appunto, dove fossero finite le mie gambe”.
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