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Tumori, il nuovo studio parla chiaro: attenzione a questo fattore

Published by
Gianlorenzo Lagna

Uno studio dell’Università di Trento ha dimostrato l’effetto di rottura del DNA provocato da alcune radiazioni ionizzanti che provocano i tumori. Ma c’è anche una buona notizia.

Si tratta di un tipo di radiazioni a cui, purtroppo, siamo sottoposti quotidianamente. Vengono definite ionizzanti e, oltre ad esserne impattati quando ad esempio effettuiamo una radiografia, veniamo sottoposti ad esse anche attraverso i raggi ultravioletti del Sole oppure quando ci troviamo a viaggiare a 10 km di altitudine su un aereo di linea intercontinentale.

Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Trento – PontileNews.it

Nei casi più gravi, queste radiazioni possono causare danni particolarmente significativi al nostro DNA. E quando ne modificano o, al peggio, rompono la struttura in modo irreversibile, ecco che all’interno del nostro organismo possono svilupparsi neoplasie tumorali e forme di cancro di vario genere.

Ma qual è il nesso tra l’impatto sul nostro DNA della radiazione ionizzante e le molecole che si spezzano? E quanto tempo impiegano queste molecole per giungere al momento di rottura? Ebbene, questi sono stati alcuni degli interrogativi a cui un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento ha tentato di dare risposta. Ed alcune conclusioni raggiunte sono particolarmente promettenti: vediamo quali e perché.

Le simulazioni virtuali ed i risultati di studio raggiunti

I nuovi scenari spalancati dai risultati dello studio fanno ben sperare. E le applicazioni possibili interessano potenzialmente tanto gli ambiti medico e biologico quanto quello radioterapico e della cura dei tumori. Ciò perché il gruppo di ricerca è giunto ad una conclusione fondamentale: la rottura non avviene immediatamente.

La scoperta può portare ad applicazioni assai positive sia in ambito preventivo sia in ambito terapeutico – PontileNews.it

“Questa informazione è cruciale – ha spiegato il coordinatore del gruppo, Raffaello Potestio – perché verosimilmente impatta sull’efficacia dei processi di riparo del DNA”. Per giungere al risultato, i ricercatori hanno ricostruito una sequenza di DNA a doppio filamento al computer. Quindi hanno riprodotto virtualmente l’effettivo comportamento delle cellule colpite dalle radiazioni ed hanno calcolato il tempo medio che intercorre tra l’irraggiamento e la rottura.

E sono giunti a poter stabilire una nuova legge fisica secondo cui maggiore è la distanza tra le rotture causate dalle radiazioni, maggiore è anche il tempo in cui la struttura rimane unita. Inoltre, conclude la legge, l’aumentare del tempo necessario alla catena per separarsi definitivamente ed irreversibilmente, con il rischio della comparsa di tumori, è di tipo esponenziale.

In altre parole: maggiore è il tempo necessario alla struttura del DNA per dividersi, maggiore è anche il tempo a disposizione delle cellule per riparare il danno. Il team ora è al lavoro per riprodurre le tecniche effettuate a livello simulativo all’interno di una sperimentazione pratica di laboratorio. Ciò consentirà di comprendere il tipo di sviluppi medici di tipo preventivo e terapeutico a cui si potrà giungere grazie alla ricerca. L’intero studio è consultabile sulla rivista scientifica Biophysical Journal su cui è stato pubblicato.

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