Una storia di regnanti, politica e sfarzo. Ma anche intrighi e teorie del complotto attorno a uno degli yacht più famosi della storia
Definirla “solo” una storia di nautica è a dir poco un eufemismo. La storia, anzi, le storie, che si intrecciano attorno allo yacht “Britannia” appartengono al mito della casa reale del Regno Unito, ma sono anche intrighi che coinvolgono anche il nostro Paese, l’Italia.
La storia del “Britannia”
Per più di 40 anni, infatti, la famiglia reale inglese ha avuto uno yacht, l’HMY Britannia, che appartiene così tanto alla tradizione dei Windsor da apparire anche nella quinta stagione di “The Crown”, la serie di enorme successo, che ha suscitato anche qualche polemica.
La nave fu varata il 16 aprile 1953, ed entrò in servizio l’11 gennaio 1954. Un natante che è quindi, a tutti gli effetti, quasi un membro della famiglia reale. A inaugurarlo, proprio la regina Elisabetta II, l’amata sovrana, regnante dal 6 febbraio 1952 all’8 settembre 2022, giorno della sua morte, che ha fatto il giro del mondo.
“Ho chiamato questa nave “Britannia”… auguro successo a lei e a tutti coloro che navigano su di lei” disse la regina. Un panfilo che ha fatto storia, non solo perché ha trasportato i membri della famiglia reale. Qui svolsero il loro viaggio di nozze anche Carlo e Diana, nel 1981. Ma anche perché ha ospitato importanti personalità straniere e svolto importanti azioni umanitarie, come nel 1986, allorquando, in occasione della guerra civile in Aden, fu fondamentale per l’evacuazione di circa 1.000 rifugiati. Nel corso della sua vita operativa, percorse 1.087.623 miglia nautiche, pari a 2.014.278 chilometri.
Le caratteristiche tecniche
Dal punto di vista tecnico, lo yacht “Britannia” aveva tre alberi (alti 41 metri l’albero di trinchetto, 42 quello di maestra e 36 quello di mezzana). Gli ultimi 6 metri dei due alberi più alti erano incernierati, in modo da permettere il passaggio sotto i ponti.
Un panfilo che era pronto anche a scendere in guerra, potendo essere attrezzato a ospedale su acqua nel giro di pochissimo tempo. 125 metri a bordo dei quali potevano viaggiare 45 passeggeri e 220 membri dell’equipaggio.
Ovviamente, con riferimento agli interni, non manca il lusso, con una sala da pranzo statale da 56 posti. A quella tavola hanno pasteggiato persone che legano il proprio nome alla storia mondiale. Non solo esponenti politici inglesi, come Winston Churchill, o un numero molto ampio di presidenti degli Stati Uniti. Ma anche un premio Nobel come Nelson Mandela.
La stanza più grande a bordo era la State Dining Room, utilizzata non solo per lussuosi e luculliani banchetti, ma anche per serate danzanti di gala e anche per proiezioni cinematografiche. Non deve sorprendere, quindi, che una nave del genere si sia trovata di diritto un posto anche nella serie televisiva di successo “The Crown”.
Gli intrighi e le teorie del complotto
Ma, come abbiamo detto, quella del “Britannia” non è solo una storia che si lega alle vicende e all’epopea della famiglia reale del Regno Unito, né può essere affrontata dal punto di vista tecnico, sebbene sia stato un panfilo di primissimo livello sotto il profilo nautico.
Il Britannia, infatti, lega il proprio nome anche al nostro Paese, l’Italia. Soffiano i venti di “Tangentopoli” quando il panfilo attracca al porto di Civitavecchia per poi far rotta verso l’Argentario. E’ il 2 giugno del 1992, festa della Repubblica. Mario Chiesa è stato arrestato pochi mesi prima, a metà di febbraio. Quella cattura darà il via a uno dei più grandi scandali della storia d’Italia, l’inchiesta “Mani pulite”, condotta dal pool di Milano.
A bordo del “Britannia” si tiene un convegno sulle privatizzazioni in Italia proprio in quella temperie che porterà alla fine della Prima Repubblica. A quell’incontro partecipano importanti manager ed economisti. Da Herman van der Wyck, presidente Banca Warburg a Lorenzo Pallesi, presidente INA Assitalia. Passando per Jeremy Seddon, direttore esecutivo Barclays de Zoete Wedd, Innocenzo Cipolletta, direttore generale di Confindustria, Giovanni Bazoli, presidente Banca Antonveneta e Luigi Spaventa. C’è anche Gabriele Cagliari, presidente Eni, che poi sarà coinvolto, tragicamente, proprio in “Mani Pulite”. Un fugace intervento anche per l’allora direttore generale del Ministero del Tesoro, Mario Draghi, futuro presidente della Banca Centrale Europea e recentemente primo ministro italiano.
Presenze così importanti, sotto il profilo economico e finanziario faranno nascere teorie del complotto, mai totalmente fugate, circa la svendita delle imprese pubbliche italiane. Come detto, tutto si inquadra in un clima molto difficile per l’Italia, con la strage di Capaci che, appena due settimane prima, ha ucciso il giudice Giovanni Falcone. Poco tempo dopo, peraltro, l’allora presidente del Consiglio, Giuliano Amato, decreterà l’ormai noto prelievo sui conti correnti: la famosa patrimoniale del 6 per mille. Un evento che spesso i teorici del complotto mettono in correlazione. Anche recentemente, sui gruppi Telegram, ma non solo, è tornata in auge l’accusa verso Draghi di aver svenduto l’Italia alla finanza internazionale.
Il “Britannia” oggi
Come spesso accade, dunque, la realtà si mischia con la leggenda. Ma, come ogni vicenda umana, anche la storia del “Britannia” ha una fine. E la fine del “Britannia” ha ragioni quasi esclusivamente economiche. I continui interventi di riparazione effettuati sul panfilo nel decennio che va dal 1987 al 1997 costarono ai contribuenti inglesi ben 17 milioni di sterline. Troppo, anche per una monarchia opulenta come quella dei Windsor.
E così, il Governo inglese scelse di dismettere lo yacht reale. L’ultima missione estera del Royal Yacht fu in seguito alla consegna di Hong Kong alla Repubblica popolare cinese. Riportò infatti nel Regno Unito l’ultimo governatore di Hong Kong, Chris Patten, e il Principe di Galles. L’Her Majesty’s Yacht “Britannia” è stato dismesso l’11 dicembre 1997 e la regina Elisabetta II ha pianto quando lo yacht è stato ritirato dalle acque.
Oggi fa parte della National Historic Fleet ed è conservato come nave museo presso l’Ocean Terminal a Leith, Edimburgo. Ogni anno è visitata da oltre 300mila persone. Per visitarla si paga un biglietto d’ingresso di 18,5 sterline per gli adulti, 13,50 sterline per gli studenti e 9,25 sterline per i bambini dai 5 ai 17 anni d’età. Poco, se si pensa alla storia di questo panfilo, che mostra un po’ tutto con la fierezza di sempre. Ma che porta con sé, forse, anche qualche segreto.