Pensioni: dal 2024 al 2026 cambierà tutto e saranno stravolte in questi modi

Il Governo presieduto da Giorgia Meloni vuole cambiare il sistema pensionistico italiano: ecco cosa accadrà.

Il tema delle pensioni è, da sempre, uno di quelli maggiormente discussi e dibattuti nel nostro Paese. Il Governo presieduto da Giorgia Meloni, fin dal momento dell’insediamento, ha promesso di mettere mano al sistema pensionistico italiano e sembra proprio voler fare sul serio: ecco cosa cambierà tra il 2024 e il 2026.

Pensioni 2024-2026
Pensioni: cosa cambia tra il 2024 e il 2026 foto: Ansa – Pontilenews.it

Il centrodestra italiano (e, in particolare, la Lega di Matteo Salvini) è, da sempre, critico e ostile alla riforma del 2011 redatta dall’allora ministro del Governo presieduto da Mario Monti, Elsa Fornero. Oggi che che la destra è alla guida del Paese da circa dieci mesi sta mettendo a punto una riforma delle pensioni che sicuramente stravolgerà il sistema per come lo conosciamo oggi.

Sono tanti i nodi che l’Esecutivo deve sciogliere, a cominciare dal restyling delle pensioni anticipate. La soluzione da tempo individuata è quella della quota 41 per tutti. Sostanzialmente si andrebbe in pensione raggiunti i 41 anni di contributi versati, senza alcun vincolo di età. Ma dirlo è un conto, metterla in atto è un altro, anche perché non sono tanti (anzi, sono pochissimi) i lavoratori che riescono a maturare così tanti anni di contributi versati. E questo per via di alcuni problemi atavici del nostro Paese, tra cui disoccupazione, precariato, lavoro intermittente e lavoro nero.

Pensioni: cosa cambierà dal 2024?

Con la quota 103 si lascia il lavoro una volta completato il doppio requisito anagrafico contributivo con combinazione 62+41. Ma, ovviamente, è possibile lasciare il lavoro a 62 anni o anche prima, con le pensioni anticipate ordinarie: 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini.

Riforma pensioni dal 2024
Il Governo Meloni pensa a una riforma delle pensioni tra il 2024 e il 2026 foto: Ansa – Pontilenews.it

Sostanzialmente il dilemma è uno: meglio avere una pensione prima, ma sensibilmente più bassa, oppure averne una alta, ma dover lavorare fino a una età molto avanzata? Il Governo pensa a una quota 41 che però preveda l’obbligo di calcolare l’assegno pensionistico con il sistema contributivo.

Sul tavolo delle discussioni, però, c’è anche altro, ossia la possibilità di uscire a partire dai 62 anni di età con 20 anni di contributi. Così facendo la pensione non sarebbe un’utopia irrealizzabile anche per chi non ha carriere lunghe e continue, requisiti fin qui insuperabili per la quota 41.

Il problema maggiore, però, è che le casse dell’INPS sono già in condizioni fin troppo disastrate da poter prevedere un ulteriore esborso per la spesa pensionistica.

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