Come fare se si è in possesso di buoni fruttiferi postali ormai prescritti? In alcuni casi è possibile ottenere un rimborso: solo in questi casi.
Tantissimi italiani, specie in queste ore, si stanno chiedendo quali sono i limiti di tempo per i buoni fruttiferi delle Poste, ma soprattutto cosa fare in caso di prescrizione degli stessi. Nelle ultime settimane, è accaduto qualcosa di molto importante che cerca di fare chiarezza sulla questione.

I buoni fruttiferi postali, come sappiamo, hanno una durata decennale: generalmente, dopo 10 anni, i buoni cadono in prescrizione, e cioè si perde il diritto di rimborso con la perdita sia del capitale investito sia degli eventuali interessi maturati negli anni. Ma è sempre così?
Per i nostri concittadini, Poste Italiane, da sempre, rappresenta un investimento sicuro, una certezza di solidità e di fiducia. Ecco perché, generalmente, i buoni fruttiferi postali vanno decisamente a ruba, specie in un periodo – come quello che stiamo attraversando – in cui offrono rendimenti più alti grazie all’aumento dei tassi di interesse della BCE.
Come sono regolati i buoni fruttiferi postali
Come accennato, allo scadere del decimo anno dall’emissione, i buoni fruttiferi postali cadono in prescrizione. Ma qui bisogna fare una prima distinzione, dal momento che esistono i buoni fruttiferi postali emessi in forma cartacea – che seguono l’iter decennale descritto, al pari dei titoli di Stato – e i buoni dematerializzati. I secondi non cadono in prescrizione: questo perché alla scadenza del decimo anno vengono direttamente rimborsati al cliente con un addebito diretto sul suo conto.
Dal 2000, però, esistono due tipi di buoni fruttiferi: i buoni ordinari di tipo A1 con scadenza ventennale e i buoni AA1 con scadenza limitata a pochi anni o “a termine” come vi è riportato sul retro dello stesso. E qui sorge il primo problema per una parte dei risparmiatori: molti di questi, infatti, convinti di investire su buoni fruttiferi ventennali o decennali, hanno acquistato inconsciamente quelli a termine. Ad esempio, tra il 2020 e il 2021, ben 367mila buoni postali – per un valore superiore ai 404milioni di euro – sono caduti in prescrizione.

Dunque, è molto importante fare questa distinzione: la scadenza di un buono – che è sempre riportata sul retro dello stessa – è il periodo dal quale lo stesso buono smette di produrre interessi, e cioè diventa infruttifero. Da quella data, dopo 10 anni, il buono cade in prescrizione, e cioè non è più possibile richiedere il rimborso maturato negli anni. Ma, dicevamo, non è sempre così e dunque arriviamo all’importante quesito: quando è possibile ottenere un rimborso?
Può accadere che, alla scadenza dei buoni, un risparmiatore non possa richiedere il legittimo rimborso. Ad esempio in caso di smarrimento o furto del buono cartaceo: in questo caso, appurato l’effettivo smarrimento, la prescrizione non inizierà a decorrere dopo la scadenza. Ma cosa fare se intanto è scattata la prescrizione?
Come detto la prescrizione scatta dall’inizio della scadenza del buono e dura dieci anni, dunque l’unica strada per il risparmiatore è contestare la data di scadenza. Ma come fare? La mancata trasparenza sull’effettiva scadenza del buono potrebbe aprire la strada per un rimborso al cliente di Poste.