Italia, è allarme giovani: perché fuggono all’estero e come convincerli a rimanere

L’Italia ha già vissuto in passato massicce ondate migratorie. Ma questa volta il fenomeno colpisce soprattutto i giovani laureati.

Negli ultimi cinque anni, 156.000 giovani laureati italiani si sono trasferiti all’estero. I resoconti dell’Istituto nazionale di statistica, dell’Istat e dei più diversi istituti di ricerca sono deprimenti. Giungono tutti alla stessa conclusione: i giovani italiani sono giovani sacrificati.

Italia, è allarme giovani: è fuga
Fuga di cervelli – Pontilenews.it

Il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 33%, il doppio della media europea. I membri della Generazione Y, i nati tra gli anni ’80 e il 2000, beneficiano di un reddito inferiore di oltre il 15% rispetto alla media dei residenti della penisola.

Italia, è allarme giovani: cosa sta accadendo

Andare all’estero apre la possibilità di svolgere un lavoro degno del loro livello di istruzione e delle loro aspirazioni e adeguatamente retribuito. La crisi economica ha convinto chi ancora ne dubitava. Se nel 2008 se ne andavano ogni anno 21.000 persone sotto i 40 anni, il loro numero è più che raddoppiato arrivando a 51.000 nel 2015. Un vero e proprio esodo di quasi 300.000 giovani negli ultimi dieci anni.

“fuga di cervelli” che vende le proprie competenze.
La possibilità di svolgere un lavoro degno – Pontilenews.it

Senza tornare a Leonardo da Vinci, la diaspora italiana è intrinsecamente legata alla storia della penisola. Dalla sua unità nel 1861 fino agli anni ’60, partirono circa 26 milioni di persone, di cui 14 milioni durante la “grande emigrazione” fino alla vigilia della prima guerra mondiale. Una vera e propria marea di partenze per sfuggire alla povertà, che ha rallentato con il miracolo economico del dopoguerra ma non si è esaurita.

Erano ancora 1 milione gli italiani che varcavano i confini del proprio Paese negli anni ’70 e mezzo milione negli anni ’80. Ma il loro profilo cambia. La “fuga di cervelli” di forza lavoro poco qualificata che mette a disposizione le proprie forze nelle fabbriche o nei cantieri in Europa o in America sta cominciando a essere sostituita da una “fuga di cervelli” che vende le proprie competenze.

L’altro punto nero rimane il livello delle retribuzioni, che è il più basso dell’Europa occidentale. Una recente ricerca di Willis Towers Watson evidenzia che il primo stipendio di un dottorando italiano è in media inferiore del 66% rispetto a quello di un tedesco. E del 25% inferiore a quello di un francese.

Dopo due anni di lavoro può sperare solo in un aumento della sua retribuzione del 10%, contro il +20% di Germania e Francia e il +25% di Spagna e Regno Unito. Per correggere questo squilibrio, i recenti governi hanno aumentato i vantaggi fiscali.

Pertanto, i dipendenti con diploma di istruzione superiore e gli imprenditori beneficiano di una riduzione del 50% del reddito imponibile da lavoro dipendente durante i primi cinque anni di residenza in Italia. Per professori e ricercatori la riduzione delle tasse è del 90% per quattro anni. Ma a quanto pare tutto questo non basta!

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